Un simbolo potente
In patois, la lingua del territorio dove abitiamo, la trottola si chiama borioula.
È un gioco semplice, un doppio cono di legno con una punta sulla quale la si fa ruotare con uno schiocco di dita o con l’ausilio di un cordino. È così semplice che può essere costruito da un bambino, e la sua origine va indietro nel tempo. Ci sono trottole in argilla che risalgono al 4.000 A.C., i greci e i romani hanno documentato la loro presenza. Erano diffuse in tutto il mondo: dall’Europa all’Asia (in Giappone ci sono trottole “partorienti” cioè che mentre girano rilasciano trottoline più piccole), dalle Americhe all’Africa.
È un gioco ipnotico. Lasciate una trottola su un tavolo e chiunque vi sia seduto non resisterà all’impulso di farla ruotare.
È un oggetto che un falegname realizza con le essenze che trova: il faggio, il noce, il ciliegio, il castagno. Basta uno scarto di legno e un po’ di maestria per fare felice un bambino.
Abbiamo scelto la borioula, la trottola, come simbolo della nostra società perché amiamo fare le cose artigianalmente. Perché ci piacciono i materiali naturali come il legno. Perché un oggetto semplice può celare una grande idea e un’arte antica.
E soprattutto perché, per raccontare una buona storia,
può volerci solo il tempo in cui una borioula compie il suo giro.